Adoro Levi-Strauss: è un antropologo che ha segnato la storia della disciplina in una maniera sconcertante. Sto cercando di recuperare tutte le sue opere maggiori come: Il pensiero selvaggio, Antropologia strutturale, Le strutture elementari della parentela, Antropologia strutturale II, etc.
Proprio ieri stavo leggendo un paragrafo di Antropologia strutturale II che parlava della distinzione tra società CALDE e società FREDDE. Con la prima dicitura l'antropologo intende le società post-neolitiche dove l'avvenire e il differenziarsi della storia è ribollente (e nelle quali, potremmo aggiungere, l'energia è prodotta e utilizzata in ingenti quantità), con la seconda si riferisce a tutte quelle società che sono quasi del tutto scomparse nel mondo, ovvero quelle che in passato definivamo primitive. Queste ultime sono caratterizzate da una solidarietà interna che "scappa" lo storificarsi.
Ad un certo punto l'autore indica come nel bollore storico di società come quella occidentale (ma anche in quelle para-occidentali, che assieme, io indistintamente chiamo "dei palazzi e dei razzi") si vengano a creare due fazioni, chi detiene il potere e opprime contro gli oppressi. Questo dopo aver chiarito come quelle "primitive" siano scandite da una vita politica unanime.
L'analisi dell'antropologo non è errata: nel mondo, ma basta guardare anche la propria città, vi sono molti casi di persone sfruttate, gente che lucra sopra le sfortune degli altri, persone con tanto danaro che riesce a influenzare l'ambiente circostante. Ciò nonostante c'è il rischio di ridurre le preziose intuizioni e osservazioni di Levi-Strauss al mero discorso politico. E magari qualcuno potrebbe ritenere che ogni fatto sia politico e degno di essere letto in questa cornice, ma io mi fermerò al suggerire che ogni fatto è SOCIALE.
La criticità della società in cui viviamo è caratterizzata da una copiosa quantità di persone che abitano molto vicine. Il fatto di essere molti possiamo senza dubbio affermare che favorisca il proliferarsi di tante vite diverse che non condividono la stessa struttura sociale. Magari nel vostro vicinato ci sono dieci persone che su un argomento la pensano in dieci maniere differenti. oppure nella vostra stessa famiglia ci sono posizioni radicalmente diverse alla vostra. Sembra più come se spuntiamo in diverse regioni del mondo e dovessimo ritrovare il nostro GRUPPO. Parola fondamentale perché è sinonimo di identità: per stare in un gruppo noi abbiamo bisogno di solidificare meccanismi che ci legano a quelle persone e ci fanno riconoscere come coesi ad un qualcosa che vibra con quello che noi crediamo giusto, vogliamo per il nostro bene e vogliamo difendere. Ma da chi si deve difendere? Da chi sta fuori dal gruppo. Levi-Strauss sottolinea molto come nelle piccole società indigene che studiava spesso, se non sempre, chi non apparteneva a "Noi" non era un vero umano. Ma l'autore sottolinea anche che questi popoli erano abbastanza lontani (o abbastanza simili) tra di loro per non entrare in competizione. Ma attenzione, perché qui non si parla semplicemente di una competizione per le risorse del terreno, ma di competizione delle idee, di cosa è buono pensare!
Con queste premesse a me non risulta difficile immaginare che in un contesto sociale così grande e vario come quello che abitiamo, l'identificazione di gruppo possa coincidere anche solo con la singola persona per alcuni individui. In uno scenario del genere, dove quasi si annaspa per trovare la propria cultura, per ritrovare un riconoscimento, per vibrare con un consenso sociale in cui ci si possa rispecchiare, la lotta per il potere non svela forse il nostro terrore nell'essere inghiottiti e annientati dall'avversario? La corsa al disperato controllo non è forse motivata dal non voler sparire nelle fauci dell'altro?
Sarebbe bene riflette su questo poiché a me sembra che a volte diamo per scontato che se mettiamo al potere la persona giusta allora ah-ah ce l'avremmo fatta, non periremo più.
Poi mi chiedo: ma per scardinare tutto un sistema di soprusi (che affligge anche chi sembra goderne) sarebbe forse impensabile senza intraprendere una strada comune a quelle popolazioni che io chiamo "della terra e della magia"? Però non credo che sia alla nostra portata.
Mi sembra quindi che ci siano solo tre opzioni: o si crolla nell'anarchia; o ci si affida a qualche santone. Ma queste due soluzioni non faranno altro che farci ristagnare nel problema. Allora resta la terza, ovvero, l'IMPENSABILE